PRECISAZIONI SUL «CONGEDO PARENTALE» NELLA PUBBLICA DIPENDENZA

Il d.lgs. n. 80 del 2015 ha elevato al sesto anno di vita del bambino il termine massimo per poter percepire l’indennità per congedo parentale. Pertanto, considerato che la clausola contrattuale in esame deve essere applicata in coerenza e in osservanza del quadro normativo definito dal legislatore, l’Aran ritiene che il beneficio contrattuale possa trovare attuazione fino al nuovo limite stabilito dall’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001; in particolare, spetta dunque quanto previsto dall’art.10, comma 2, lett. c) del CCNL 16.05.2001, in base al quale per i primi 30 giorni di congedo parentale va corrisposta l’intera retribuzione.

 

Ricordiamo che, al contrario delle ferie i cui periodi vanno concordati  tra datore e lavoratore, nel caso del congedo parentale previsto dall’art. 32 del d.lgs. n. 151 del 2001, il dipendente è titolare di un vero e proprio diritto potestativo alla fruizione dello stesso, per cui non si tratta di assenze che devono essere autorizzate discrezionalmente dall’amministrazione. Vanno invece rispettati i termini di preavviso secondo il  Dlgs 80/2015 (5 giorni salvo diverse previsioni contrattuali).

 

Ricordiamo inoltre, come precisato dall’Aran, che la malattia può interrompere, a richiesta dell’interessato/ta, il congedo parentale. Ovviamente l'intervenuta interruzione della fruizione del congedo parentale, traducendosi di fatto in una forma di frazionamento dello stesso, comporta che, ai fini dell'ulteriore godimento, sia necessaria una nuova richiesta da parte dell'interessato/ta, nel rispetto dei termini di preavviso stabiliti.  

a cura di Marco Perelli Ercolini

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