P.A. - BUONUSCITA e TRATTAMENTO DI FINE SERVIZIO LA CONSULTA DICE SI’ ALLA DILAZIONE…

a cura di Marco Perelli Ercolini

E’ stata depositata la sentenza della Corte Costituzionale che legittima lo slittamento e la rateazione della buonuscita dei pubblici dipendenti: non è irragionevole il regime restrittivo introdotto dal legislatore, che prevede la liquidazione delle indennità nel termine di 24 mesi e il pagamento in tre rate annuali per i dipendenti che non hanno raggiunto i limiti di età o di servizio previsti dai rispettivi ordinamenti. La disparità di trattamento sarebbe  motivata dalla scelta volontaria dell’interessato di risolvere il rapporto di lavoro con apprezzabile anticipo rispetto al raggiungimento dei limiti di età o di servizio spesso anche quando non sia ancora maturato il diritto alla pensione, peraltro temperato da talune deroghe per situazioni di particolare tutela, come la «cessazione dal servizio per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonché per decesso del dipendente», che impone l'erogazione del trattamento entro 105 giorni anziche' nel termine dei 24 mesi.

Inoltre il meccanismo introdotto dal legislatore prevedendo una graduale progressione delle dilazioni, via via più ampie con l’incremento delle indennità, sarebbe calibrato in modo da favorire i beneficiari dei trattamenti più modesti e da individuare, anche per questa via, un punto di equilibrio non irragionevole.

Nelle conclusioni si evidenzia come "La disciplina che ha progressivamente dilatato i tempi di erogazione delle prestazioni dovute alla cessazione del rapporto di lavoro ha smarrito un orizzonte temporale definito e la iniziale connessione con il consolidamento dei conti pubblici che l’aveva giustificata”.

 

Alcune puntualizzazioni  (mpe)

Negli ultimi anni si è andata vieppiù unificando e mescolando l’Indennità premio di servizio (Ips) col Trattamento di fine rapporto (tfr)  pur essendo due istituti che, seppur con l’unico fine di dare risorse economiche nell’intervallo (un tempo molto lungo) tra ultima busta paga e primo rateo di pensione, sono in  realtà ben distinti nella loro origine.  

Il Tfr (trattamento di fine rapporto) è una retribuzione differita a carico del datore di lavoro (settore privato) coll’obbligo giuridico dell’accantonamento annuale delle somme  e dell’erogazione immediata in caso di cessazione del rapporto lavorativo, al contrario l’indennità premio di servizio (settore pubblico) è sorta avendo natura assicurativa previdenziale su base mutualistica accantonata e amministrata da un ente terzo e, in precedenza, erogata solo all’atto del pensionamento,  inoltre veniva e viene tutt’ora pagata per un terzo dal lavoratore.

Nel tempo i due istituti si sono confusi e la stessa legge portata alla Consulta unì, per il settore pubblico, buonuscita, indennità premio di servizio, trattamento di fine rapporto, ecc. con due parole “comunque denominati”, creando però disparità col settore privato.

Dunque due istituti, però troppo spesso mescolati nei diritti e nei doveri secondo i “venti”.

Un dato però è certo: la disparità di trattamento economico e le possibilità di accedere a anticipi per espresse necessità contingenti.

La legge 335/95 avrebbe dovuto omogeneizzare subito i due istituti; tuttavia la piena omogeneizzazione non è mai avvenuta per gli oneri economici che ne sarebbero derivati, creando una enorme confusione e penalizzazioni nel settore pubblico.

Una domanda finale: la Consulta ha ritenuto ammissibile la dilazione dei pagamenti per pensioni non di vecchiaia o anzianità massima lavorativa, e allora per chi va in pensione di vecchiaia o per raggiunti limiti di età il pagamento dovrà essere immediato entro i 105 dalla cessazione e senza ratei rapportati all’entità della cifra?...

Traspare, come del resto segnalato dalla stessa Consulta, la necessità di ridefinire e meglio puntualizzare la disciplina non priva di aspetti problematici, rivedendo l’intera materia, che tira di qua, tira da là ha ora grosse lacune e incongruenze.

E’ stata depositata la sentenza della Corte Costituzionale che legittima lo slittamento e la rateazione della buonuscita dei pubblici dipendenti: non è irragionevole il regime restrittivo introdotto dal legislatore, che prevede la liquidazione delle indennità nel termine di 24 mesi e il pagamento in tre rate annuali per i dipendenti che non hanno raggiunto i limiti di età o di servizio previsti dai rispettivi ordinamenti. La disparità di trattamento sarebbe  motivata dalla scelta volontaria dell’interessato di risolvere il rapporto di lavoro con apprezzabile anticipo rispetto al raggiungimento dei limiti di età o di servizio spesso anche quando non sia ancora maturato il diritto alla pensione, peraltro temperato da talune deroghe per situazioni di particolare tutela, come la «cessazione dal servizio per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonché per decesso del dipendente», che impone l'erogazione del trattamento entro 105 giorni anziche' nel termine dei 24 mesi.

Inoltre il meccanismo introdotto dal legislatore prevedendo una graduale progressione delle dilazioni, via via più ampie con l’incremento delle indennità, sarebbe calibrato in modo da favorire i beneficiari dei trattamenti più modesti e da individuare, anche per questa via, un punto di equilibrio non irragionevole.

Nelle conclusioni si evidenzia come "La disciplina che ha progressivamente dilatato i tempi di erogazione delle prestazioni dovute alla cessazione del rapporto di lavoro ha smarrito un orizzonte temporale definito e la iniziale connessione con il consolidamento dei conti pubblici che l’aveva giustificata”.

 

Alcune puntualizzazioni  (mpe)

Negli ultimi anni si è andata vieppiù unificando e mescolando l’Indennità premio di servizio (Ips) col Trattamento di fine rapporto (tfr)  pur essendo due istituti che, seppur con l’unico fine di dare risorse economiche nell’intervallo (un tempo molto lungo) tra ultima busta paga e primo rateo di pensione, sono in  realtà ben distinti nella loro origine.  

Il Tfr (trattamento di fine rapporto) è una retribuzione differita a carico del datore di lavoro (settore privato) coll’obbligo giuridico dell’accantonamento annuale delle somme  e dell’erogazione immediata in caso di cessazione del rapporto lavorativo, al contrario l’indennità premio di servizio (settore pubblico) è sorta avendo natura assicurativa previdenziale su base mutualistica accantonata e amministrata da un ente terzo e, in precedenza, erogata solo all’atto del pensionamento,  inoltre veniva e viene tutt’ora pagata per un terzo dal lavoratore.

Nel tempo i due istituti si sono confusi e la stessa legge portata alla Consulta unì, per il settore pubblico, buonuscita, indennità premio di servizio, trattamento di fine rapporto, ecc. con due parole “comunque denominati”, creando però disparità col settore privato.

Dunque due istituti, però troppo spesso mescolati nei diritti e nei doveri secondo i “venti”.

Un dato però è certo: la disparità di trattamento economico e le possibilità di accedere a anticipi per espresse necessità contingenti.

La legge 335/95 avrebbe dovuto omogeneizzare subito i due istituti; tuttavia la piena omogeneizzazione non è mai avvenuta per gli oneri economici che ne sarebbero derivati, creando una enorme confusione e penalizzazioni nel settore pubblico.

Una domanda finale: la Consulta ha ritenuto ammissibile la dilazione dei pagamenti per pensioni non di vecchiaia o anzianità massima lavorativa, e allora per chi va in pensione di vecchiaia o per raggiunti limiti di età il pagamento dovrà essere immediato entro i 105 dalla cessazione e senza ratei rapportati all’entità della cifra?...

Traspare, come del resto segnalato dalla stessa Consulta, la necessità di ridefinire e meglio puntualizzare la disciplina non priva di aspetti problematici, rivedendo l’intera materia, che tira di qua, tira da là ha ora grosse lacune e incongruenze.

pubblicato il 01/07/2019

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