LISTE D'ATTESA, QUASI DUE ANNI PER UNA MAMMOGRAFIA. ECCO IL QUADRO

da Doctor33 - 8 maggio 2022

Quasi due anni di attesa per una mammografia, circa un anno per una ecografia, una tac, o un intervento ortopedico. Le liste d'attesa, già spina nel fianco del Sistema Sanitario Nazionale in tempi ordinari, durante l'emergenza hanno rappresentato la principale criticità per i cittadini. E, anche per questo, a rinunciare alle cure della sanità pubblica, nel 2021, è stato più di un cittadino su dieci. Questa la fotografia scattata dal "Rapporto civico sulla salute. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità", presentato da Cittadinanzattiva. Liste di attesa per le cure ordinarie, ritardi nella erogazione degli screening e dei vaccini, carenze nella assistenza territoriale sono i primi tre ambiti nei quali si sono concentrate, nel corso del 2021, le 13.748 segnalazioni dei cittadini al servizio PiT Salute. I lunghi tempi di attesa sono riferiti nel 53% di casi agli interventi chirurgici e agli esami diagnostici, nel 51% alle visite di controllo e nel 46,9% alle prime visite specialistiche. Nel 2021, l'11% delle persone ha dichiarato di aver rinunciato a visite ed esami per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio. Permangono situazioni critiche, ad esempio in Sardegna sale al 18,3%, con un aumento di 6,6 punti rispetto al 2019; in Molise e nel Lazio è pari al 13,2% con un aumento di 5 punti rispetto a due anni prima. La situazione è "critica quasi ovunque e sconfortante è l'esito delle verifiche sui percorsi di tutela per arginare il fenomeno delle liste bloccate": risultano attivi solo in Basilicata, Marche, Trentino-Alto Adige ed Umbria, mentre per molte regioni non sono disponibili dati, a "conferma di quanto urga introdurre misure di maggiore trasparenza sul blocco delle liste d'attesa". La pandemia è "un'emergenza che non abbiamo superato - dichiara Annalisa Mandorino, segretaria di Cittadinanzattiva - abbiamo la necessità di recuperare milioni di prestazioni, i cittadini devono essere messi nella condizione di tornare a curarsi".

Anche per la salute mentale i dati non sono rassicuranti. A partire da un problema di personale: nel pubblico la media nazionale è di appena 3,3 psicologi ogni 100mila abitanti, con una forbice che va da 16 in Valle d'Aosta a 1,3 in Piemonte. Le problematiche segnalate dai cittadini al Pit Salute in tema di salute mentale rappresentano il 12,8% delle segnalazioni nell'ambito dell'assistenza territoriale e "mostrano un crescente deficit strutturale dei servizi di salute mentale". Descrivono, infatti, la disperazione per la gestione di una situazione diventata insostenibile a livello familiare (28%), la scarsa qualità (24%) e la difficoltà di accesso alle cure pubbliche (20%). A fornire assistenza pubblica, in Italia, sono 126 Dipartimenti per la Salute Mentale, di cui si registra un picco di 27 in Lombardia, e un totale di 1.299 strutture territoriali, pari a 2,6 per 100mila abitanti: è la Toscana a registrare il valore più alto di strutture (7,5), seguita da Valle d'Aosta (5,7) e Veneto (4,4). Ben 15 Regioni sono sotto la media nazionale. Per quanto riguarda il personale, la Liguria con 13,8 presenta il miglior rapporto medici per abitanti, seguita da Toscana e PA Trento (12,8 ciascuno). Anche in questo caso sono ben 13 le Regioni che presentano dati inferiori alla media nazionale (pari a 9): maglia nera a Veneto (5,9) e Marche (6). A fronte di questo, il bonus psicologico 2022' introdotto dal Milleproroghe, ha deluso le associazioni di pazienti "e a molti è parso un modo per farsi perdonare la dimenticanza in sede di Pnrr".

 

a cura di Marco Perelli Ercolini

Se non erro, una volta vigeva la norma, peraltro poco conosciuta e tenuta molto nascosta che se l’attesa superava il periodo notificato dalla struttura, il paziente poteva andare in libera professione e poi chiedere il rimborso…

 …data per ammessa la natura contrattuale del rapporto intercorrente tra struttura sanitaria e paziente, costituisce inadempimento della prestazione il ritardo della stessa

 Ricordiamo che:

- la Legge prevede tempi massimi che le Aziende Sanitarie sono tenute a rispettare.

La disciplina che indica come poter esercitare il proprio diritto è offerta dal D.Lgs. 29 aprile 1998, n. 124. Dal punto di vista sostanziale, invece, occorre far riferimento al Piano nazionale di governo delle liste di attesa (P.N.G.L.A.) 2010-2012 (Intesa Stato-Regioni del 28 Ottobre 2010) ancora in vigore, oltre ai Piani regionali (P.R.G.L.A.); alla Legge 23 Dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 282 (Finanziaria 2006) – che vieta la sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni – ed alla Legge 23 Dicembre 1994, n. 724, art. 3, comma 8 – che prevede l’obbligo di tenuta del registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari.

- qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato, ex art. 3, comma 13, del Decreto Legislativo 124/1998, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero professionale intramuraria. 

 

D.Lgs 124/1998 - articolo 3 comma 13. 

Fino all'entrata in vigore delle discipline regionali di cui al comma  12,  qualora l'attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e  11,  l'assistito  puo'  chiedere  che  la  prestazione  venga resa nell'ambito  dell'attivita' liberoprofessionale intramuraria, ponendo a  carico  dell'azienda  unita'  sanitaria  locale  di appartenenza e dell'azienda  unita'  sanitaria locale nel cui ambito e' richiesta la prestazione,  in  misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo  di  partecipazione  al  costo della prestazione e l'effettivo costo  di  quest'ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti. Nel caso l'assistito sia esente dalla predetta partecipazione l'azienda unita' sanitaria locale di appartenenza e l'azienda unita' sanitaria locale nel cui ambito e' richiesta la prestazione corrispondono, in misura eguale,  l'intero  costo  della  prestazione. Agli eventuali maggiori oneri derivanti dal ricorso all'erogazione delle prestazioni in regime di attivita' liberoprofessionale intramuraria si fa fronte con le risorse di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e  successive  modificazioni  ed  integrazioni,  con conseguente  esclusione di ogni intervento finanziario a carico dello Stato.

Pubblicato il 10/05/2022

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