L' ITALIA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

di Michele Poerio

Che cosa (non) fa l’Unione europea contro il Coronavirus. L’intervento di Michele Poerio, segretario generale Confedir e presidente nazionale Federspev

Non si può non parlare del nuovo Covid-19 così come è impossibile non rivolgere un pensiero affettuoso ai malati e alle vittime ed essere solidali, orgogliosi e riconoscenti con i medici e tutti gli operatori sanitari che stanno cercando di alleviare le sofferenze dei pazienti, a rischio della propria salute e della propria vita, oggi considerati giustamente eroi, ma che fino a qualche mese fa venivano maltrattati e picchiati nei pronto soccorso, nei reparti e nelle guardie mediche (la politica se ne rammenti!).

Così come non dobbiamo dimenticare e ringraziare i tanti volontari e le persone che con il loro lavoro garantiscono il funzionamento dei servizi essenziali.

Non si riesce a capire ancora la sua natura:se è nato in laboratorio, se deriva da qualche animale e da cosa sia stato determinato, in pratica, ancora si sa poco o nulla se non l’identificazione del suo genoma.

Sta creando danni che, nella migliore delle ipotesi, il Paese potrà riassorbire in non meno di 4-5 anni, a cominciare dal crollo del turismo (milioni di visitatori in meno), dell’import-export, dalla perdita di immagine colpita anche dai paesi “amici” che cercano di approfittare del momento per sminuire i prodotti italiani (vedi quell’ignobile video di Canal+ francese sulla pizza “corona”).

Qualcuno parafrasando Ennio Flaiano ha detto: “la situazione è grave ma non seria”.

Personalmente ritengo che la situazione sia serissima e gravissima!

Non si tratta della peste nera di manzoniana memoria né del virus Ebola, ma non è neanche poco più di una banale influenza.

E’una malattia che si diffonde molto rapidamente come dimostra la cronistoria della infezione, con una mortalità del 3,4% dei casi (dato, però, discutibile) come più volte ribadito dall’OMS a fronte di una mortalità della semplice influenza dello 0,1% circa.

A fine dicembre 2019 (ma gli esperti dicono molto prima) a Wuhan, metropoli cinese con circa 12 milioni di abitanti, si registrano decine di casi di polmonite interstiziale il cui contagio pare sia avvenuto nel mercato ittico. A fine gennaio vengono segnalati due casi a Roma (una coppia di cinesi in vacanza da vari giorni in Italia). L’11 febbraio l’OMS identifica il virus con il nome di Covid-19: Co sta per corona, Vi sta per virus, D sta per disease (malattia) e 19 indica l’anno in cui si è manifestato. Il 20 febbraio viene segnalato il primo caso ed il primo focolaio in Lombardia, a Codogno nel lodigiano e successivamente in Veneto ed in Emilia Romagna.

Il centro-sud, al momento in cui scriviamo, è interessato da pochi casi, ma il continuo rientro dei lavoratori e degli studenti meridionali dal nord nelle loro regioni di provenienza (ad es. solo in Puglia oltre 16mila) potrebbe complicare notevolmente gli equilibri sanitari.

L’epidemiologia del virus dice che ogni paziente infetto, anche asintomatico, può trasmettere la malattia ad altri 2,5 soggetti, per cui la priorità è limitare i contatti tra le persone, essendo l’unica strategia per rallentare il virus e portare la sua potenziale infettività da 2,5 a 1 o meno soggetti.

Clinicamente il virus non dà molti problemi nell’85-90% dei casi, ma nel 10-15% comporta un ricovero e di questi ultimi il 4-5 % in rianimazione.

La stragrande maggioranza dei positivi resta in quarantena domiciliare con sintomi lievi quali una congiuntivite o una rinite o addirittura senza sintomi e viene controllata o dovrebbe essere controllata dai dipartimenti di prevenzione della ASL con un monitoraggio stretto.

I comportamenti individuali sono fondamentali. Molti sottovalutano l’importanza di lavarsi le mani spesso e di mantenere una distanza di sicurezza di almeno un metro (i tecnici hanno calcolato un metro e 82 cm perché tanta è la distanza che le cosiddette “goccioline di Flugge” coprono con uno starnuto o colpo di tosse).

La gestione politica della crisi è stata schizofrenica caratterizzata da confusione e incertezza. Alle 21 di sabato 7 marzo (prima ancora della firma del decreto che avverrà alle 2 di notte di domenica) le agenzie di stampa battevano la notizia, ripresa da tutti i mass media, che la Lombardia sarebbe stata chiusa, scatenando il panico nella popolazione: migliaia di persone si riversavano nelle stazioni per rientrare nelle sedi di residenza prima di rimanere bloccati, quasi come si verificò l’8 settembre del 1943 alla firma dell’armistizio. Purtroppo, come allora, il governo non si è trasferito a Brindisi con l’ondivago “Premier per caso” Conte Giuseppe e l’ineffabile suo addetto stampa.

Il DPCM sembrerebbe andare nella direzione giusta puntando, per la prima volta, al contenimento del virus perché la sua capacità di diffusione è inversamente proporzionale alla capacità di risposta del sistema sanitario che rischia un default non solo nei posti letto ma soprattutto nel settore della terapia intensiva e sub-intensiva.

Il Prof Giorgio Parisi, uno dei più autorevoli fisici mondiali e Presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei, ritiene che i contagi in Italia seguono una curva esponenziale secondo cui raddoppiano ogni 2,5 giorni, quadruplicano ogni 5 giorni… il che significa, sostiene il professore, che il contenimento adottato dal governo è stato, soprattutto nel primo periodo, all’acqua di rose, mentre sarebbe stato necessario un contenimento alla “cinese” anche perché un’analisi attenta (filogenetica) del virus dimostra che è arrivato in Italia fra il 3 e il 21 gennaio.

Da parte sua il Prof Antonio Pesenti, coordinatore dell’unità di crisi della Regione Lombardia per le terapie intensive, ha scritto una durissima lettera al Presidente del Consiglio in cui dichiarava che il numero dei ricoverati in ospedale previsto per la fine di marzo sarebbe potuto essere di circa 18mila pazienti dei quali un numero fra 2700 e 3200 avrebbe potuto necessitare di un ricovero in terapia intensiva determinando un default sanitario se il contenimento dell’epidemia non avesse dato i risultati sperati.

Sicuramente a causa di queste ed altre pressioni (vedi i Presidenti delle Regioni del nord) il Premier Conte è stato costretto ad emanare un secondo DPCM con il quale ha allargato il blocco a tutta la Lombardia e ad altre 14 province, avendo, con il primo, bloccato solamente la zona di Codogno da dove è partito il paziente 1.

Entrambi i DPCM presentano tali e tante falle e smagliature che l’effettivo contenimento è stato molto lasco rispetto a quello che avrebbe dovuto essere, ma è pur sempre meglio che niente!

Finalmente l’11 marzo arriva il terzo DPCM con il quale blocca L’Italia chiudendo tutti gli esercizi commerciali ad esclusione delle industrie (anche se le proteste e gli scioperi degli operai evidenziano falle nei sistemi di protezione sanitaria) e di tanti altri esercizi tipo le profumerie, i negozi di elettronica, i negozi di ferramenta ecc.

Sono profondamente convinto che si sia trattato di un compromesso al ribasso di cui l’Italia potrebbe pentirsi amaramente! Mi auguro di sbagliare.

Ritengo che si raccolgano, ora, i frutti della dissennata politica effettuata nei confronti della sanità negli ultimi anni: 2,7 posti letto per 1000 abitanti a fronte del 3,7 della Ue; abbattimento dei posti letto di rianimazione da 324 ogni 100mila abitanti (2007) a 275 che rappresentano il 4,4% di quelli tedeschi; il blocco del turnover dei medici ospedalieri (ne mancano oggi oltre 8mila), quando è stato dimostrato che se un rianimatore segue più di 4 malati in terapia intensiva la mortalità può aumentare fino all’8% o che nel tempo un taglio alla sanità pari a meno 0,9 % del PIL può causare un importante aumento della mortalità pari all’1% circa.

L’economia europea rallenta a cominciare dalla locomotiva Germania (l’Italia è ferma completamente in coda), il “Sultano” Erdogan gioca alla guerra con la Siria e minaccia di aprire le frontiere e l’Europa rischia una catastrofica invasione di oltre un milione di immigrati.

L’OMS, nella persona del suo Direttore Generale, ha certificato che l’infezione da Covid-19 si è trasformata da epidemia in pandemia manifestando profonda preoccupazione per gli allarmanti livelli di mancanza di azione di molti Paesi.

L’Europa, come al solito, è completamente assente! Solo una decina di giorni dopo il comparire della crisi è intervenuta per la prima volta la Presidente della Commissione europea (circondata da cinque Commissari fra cui il nostro Gentiloni a fare le belle statuine) con un discorso vago e fumoso.

Invece di coordinare un intervento organico fra tutti i suoi stati membri ed aiutare l’Italia, colpita da una gravissima crisi sanitaria, l’Europa ha pensato bene di aprire una procedura d’infrazione per sospetti aiuti di stato nei confronti dell’Alitalia. Il che è anche vero, ma vi sembra un comportamento normale, invece di pensare a controllare la diffusione del virus e bloccare energicamente Erdogan?

Anche gli europeisti più convinti (e personalmente sono fra questi) spesso sono assaliti da forti dubbi!

La resistenza dei mercati finanziari al momento è nulla e sussiste il pericolo di una recessione globale. Le borse europee dall’ultima settimana di febbraio hanno subìto una perdita di centinaia e centinaia di miliardi di capitalizzazione. Solo in Italia sono stati bruciati in un giorno 80 miliardi per una battuta infelice (ma freudiana) della neo Presidente della BCE Cristine Lagarde, burocrate della finanza, che occupa indegnamente il posto di Mario Draghi.

La suddetta è riuscita ad irritare persino il nostro pacato Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il quale con notevole fermezza ha affermato: l’Europa ci deve aiutare e non ostacolare!

In particolare in Italia pesa, sul versante finanziario, la fragilità dei conti pubblici e l’incapacità di mettere sotto controllo il debito e su quello economico la semi paralisi delle attività produttive con una probabile contrazione del PIL a – 0,3% nel primo trimestre 2020 che con la negatività dell’ultimo trimestre 2019 determinerebbe una quarta recessione tecnica (due trimestri consecutivi di crescita negativa).

Il governo, dopo il primo stanziamento di 7,5 mld che rappresentava un pannicello caldo, anzi freddo, ha stanziato la decente cifra (ma sempre insufficiente) di 25mld di cui solo 12 immediatamente utilizzabili a sostegno della sanità, delle piccole e medie imprese e delle famiglie.

Il turismo è al collasso per cui è indispensabile chiedere un piano di emergenza specifica. Nella storia recente il turismo non ha mai vissuto una crisi come questa: milioni di prenotazioni cancellate, l’impatto su guide, trasporti, bar, ristoranti e attività commerciali. A Roma e in Sicilia già prima dell’ultimo DPCM ci sono stati picchi di cancellazioni dell’80-90%. E la Pasqua che rappresenta un terzo del fatturato dell’intera stagione è vicina. In soldoni ci sono a rischio, solo in questo settore, 15mila posti di lavoro con una perdita di oltre 7 miliardi.

L’Europa continua a balbettare! E’ reintervenuta, infatti, dopo la dichiarazione di pandemia da parte dell’OMS, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen con un discorsetto in italiano che si concludeva “in Europa siamo tutti italiani” e stanziando 25mld pro coronavirus ma per tutti i 27 paesi europei!

Qualche politico “gentile” ha osservato che l’assistenza sanitaria è prerogativa degli stati membri che ne sono molto gelosi per cui non dobbiamo stupirci del suo scarso interessamento.

A questi signori vorrei fare osservare che il trattato di Lisbona prevede la responsabilità esclusiva degli stati membri circa le politiche sanitarie e l’organizzazione dei servizi medici, ma lo stesso trattato all’art. 168 stabilisce che l’Unione “completa le politiche nazionali per la prevenzione delle malattie e per l’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute” che “comprende la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere trans- frontaliero”. Il coronavirus non è una minaccia per la salute a carattere trans- frontaliero? Perché il governo non si è fatto sentire? E dire che abbiamo un ministro delle finanze, professore di storia, ed ex alto burocrate dell’Ue!!!

L’Europa in questo contesto dovrebbe, al più presto, intervenire su tutti i fronti della politica monetaria, di quella fiscale e di bilancio. Non vorrei che si verificasse quello che è successo nel 2008, all’inizio della crisi economica mondiale quando la Merkel, parafrasando Goethe, affermò: “se tutti spazzassero di fronte alla propria porta, ogni quartiere della città sarebbe pulito” rifiutando così la possibilità di una risposta unitaria europea per frenare la crisi. Ciò che sta avvenendo oggi per il coronavirus. Pare, però, che l’iniziale interessamento dell’infezione dei più importanti paesi europei stia determinando un cambiamento di questa assurda politica con la concessione della possibilità di uno sforamento del deficit di 40–50mld. Nessuna esultanza! Si tratta solamente di un indebitamento che scarichiamo sulle spalle dei nostri figli, quando, invece, sarebbe il caso di europeizzare la crisi.

La FED, nel frattempo, ha ridotto di mezzo punto i tassi d’interesse ed un’analoga decisione è stata presa da altre banche centrali (in Australia il tasso è stato portato al minimo storico dello 0,5%). La Merkel immette sul mercato 550mld di liquidità a tutela delle aziende tedesche, mentre sarebbe necessario, invece, un piano Marshall europeo che non discrimini nessuno e faccia ripartire tutti insieme. Diversamente l’Europa potrebbe rischiare il fallimento.

La BCE, da parte sua, con la Lagarde determina sconquassi!

Le istituzioni e i mass media devono evitare di diffondere sui mezzi di informazione “un’ immagine e una percezione che rischia di danneggiare durevolmente il made in Italy e il turismo”, così come bisogna smettere di scrivere che sono colpiti quasi esclusivamente gli anziani per almeno tre ordini di motivi:

1° perché i giovani si sentono immuni e sono portati a non rispettare le regole, senza sapere che si ammalano anche loro ( il 7-8% dei ricoverati in rianimazione è rappresentato da under 50) e non considerano la seria probabilità di veicolare l’infezione ai genitori e ai nonni;

2° perché le badanti, soprattutto europee, incominciano a rientrare nei loro paesi con tutte le conseguenze del caso;

3° perché la categoria degli anziani merita tutto il rispetto del Paese per l’enorme contributo di esperienza che fornisce alla società e perché (elemento di non secondaria importanza) rappresenta il più importante ammortizzatore sociale esistente oggi in Italia per l’aiuto che fornisce a figli e nipoti disoccupati o sottooccupati per una cifra calcolata dal CENSIS di oltre 6mld annui,n onostante gli enormi ed illegittimi tagli alle pensioni che nel giro di 20 anni hanno visto il loro potere di acquisto abbattuto del 20-25%.

Questo stramaledetto virus ha determinato anche qualche effetto positivo: ha fatto riscoprire l’innovazione tecnologica alla pubblica amministrazione che vuole finalmente attivare la formazione a distanza e lo smart working (lavoro da casa). La FAD (formazione a distanza) è contemplata nel nostro Paese da diversi anni ma è stata realizzata pochissime volte e, adesso, in caso di emergenza, si vorrebbe che docenti e discenti fossero in grado di gestire una piattaforma di formazione a distanza come se si trattasse della lettura di un eBook. Ma è già qualcosa sperimentarla in questa situazione per poi realizzarla compiutamente.

Un’altra riscoperta è la telemedicina con la quale si possono effettuare consulti e consulenze a distanza: fra qualche tempo sicuramente assisteremo a discussioni di tesi sia in campo umanistico sia tecnico-scientifico che affronteranno lo smart working e la telemedicina quale caso di studio in occasione della pandemia virale in questione.

Il coronavirus ha fatto “scoprire” (guarda tu!) che mancano medici specialisti negli ospedali e sul territorio ma anche che la sanità, specialmente nel centro-nord funziona ancora bene nonostante i tagli del governo Monti che ha sforbiciato i fondi sanitari facendo diminuire l’incidenza sul PIL dal 7,1% al 6,7%, apparentemente poco, ma pari ad un taglio pluriennale di circa 30mld.

Enrico Letta effettuò un taglio di oltre 2,6mld, anche Matteo Renzi si è dato da fare… e Paolo Gentiloni portò la spesa prevista per il 2019 dal 6,7 al 6,4% del PIL. Nel 2018 il governo giallo-verde non effettuò alcun taglio ma con quota 100 determinò un vero e proprio esodo di medici ed infermieri.

Se a ciò aggiungiamo il blocco del turnover, già prima che scoppiasse l’epidemia, negli organici degli ospedali mancavano circa 8000 medici destinati a diventare, secondo il nostro centro studi, circa 15mila nel 2025, carenza che il governo in questo momento drammatico sta cercando di ovviare con lo stanziamento di 650 mln finalizzato all’assunzione temporanea di 20mila unità sanitarie (medici, infermieri, tecnici ecc.).

Da considerare, infine, che il blocco della popolazione nelle proprie abitazioni pur essendo determinante per il controllo della diffusione del virus, può anche causare alterazioni a carico del nostro equilibrio emotivo che a loro volta potrebbero riverberarsi anche sul sistema immunitario indebolendolo. Dovere cambiare le nostre abitudini inevitabilmente ci porta a misurarci con le nostre emozioni. Non potere frequentare i posti abituali, non vedere i propri parenti e per gli anziani l’isolamento e il non vedere figli e nipoti incrementano notevolmente lo stato d’ansia determinato da questo nemico invisibile nei confronti del quale ci sentiamo indifesi. Niente scuola, poche uscite, niente pomeriggi in compagnia, tutto è stato messo in pausa.

Bisogna, quindi, riempire le nostre giornate, dedicandosi alle attività che si prediligono:scrivere, disegnare, leggere, dedicarsi al giardinaggio ecc.

Le donne debbono continuare a curare la loro femminilità (anche nella speranza di un incremento delle nascite e non dei divorzi).

E’ grande la fatica a rinunciare alla socialità soprattutto per i giovani, ma questa potrebbe essere l’occasione di riappropriarci di noi stessi.

Mi piace concludere rielaborando alcune riflessioni del Segretario Generale della Fondazione Exodus Franco Taverna: per una volta sembra quasi che la logica del profitto sia stata sovrastata dal principio della salvaguardia dell’individuo.

E quando finirà l’emergenza si apriranno avanti a tutti noi tre possibili scenari:

  • che tutto torni come prima;
  • che si ponga maggiore attenzione alla salvaguardia della salute;
  • che questo disastro mostri i limiti dell’attuale modello di sviluppo e metta al centro la persona nel suo valore fondamentale ed unico.
  • A noi la scelta!!!

Pubblicato il 18/03/2020

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